L’universo ci sta sorprendendo con scoperte sempre nuove e stupefacenti e, con gli ultimi mezzi tecnologici a nostra disposizione…
Si aprono nuovi scenari …io li chiamo scenari alla Star Trek …perché quello che questa fantastica serie di telefilm ci sta proponendo da vari anni…..piano piano sta diventando realtà….. certo ci vorrà del tempo ma questo è il futuro che ci aspetta…La ricerca dei pianeti extrasolari ha ormai preso piede….anche perché è da relativamente poco tempo che disponiamo degli strumenti che ci permettono di individuarli ed esplorarli.
Prima del 2006 non esisteva una definizione esatta di esopianeta, solo in il 24 Agosto 2006 l’Unione Astronomica Internazionale (UAI), ne ha coniato la definizione esatta:
” Esopianeta corpo celeste non stellare orbitante attorno ad una stella, che non sia il Sole, la cui massa è sufficiente a conferirgli una forma sferoidale e la cui fascia orbitale è priva di eventuali corpi di dimensioni confrontabili o superiori”
Ma torniamo indietro nel tempo e vediamo come è nato lo studio degli esopianeti.
Accade che il 6 Novembre 1995, fu annunciata, la scoperta del primo pianeta extra-solare “51 Pegasi B” in orbita intorno alla stella 51 Pegasi (di cui prende il nome), a 48 anni luce di distanza dalla costellazione di Pegaso.
La scoperta fu subito pubblicata sulla prestigiosa rivista “Nature” e fu resa possibile grazie alle osservazioni spettroscopiche condotte dall’Osservatorio dell’Alta Provenza in Francia.
Fu un momento storico “51 Pegasi B”, divenne il capostipite di quasi oltre 6000 esopianeti (scoperti fino ad oggi, ma il numero è destinato inevitabilmente ad aumentare). Queste scoperte hanno generato anche un mare di nuovi interrogativi, visto che la distanza ravvicinata del pianeta “51 Pegasi B” alla sua stella non era per nulla compatibile con le teorie vigenti in quell’epoca.
La particolarità di questo pianeta più massiccio di Giove, (facente parte della cosi detta categoria dei pianeti gioviani) e che orbita ad una distanza 100 volte inferiore intorno alla sua stella e il suo anno dura 4,2 giorni terrestri e le sue nuvole cuociono a circa 1000 gradi Celsius, caratteristiche che rendono diverso da tutti pianeti del nostro sistema solare.
Questa diversità assoluta, da tutto quello che si conosceva, ha costretto gli studiosi a ripensare radicalmente a dove e come si formano i pianeti.

Nei 20 anni che sono seguiti dalla sua scoperta, gli scienziati hanno messo a punto tutta una serie di nuove tecniche per scoprire….. altri 6000 nuovi mondi e oggi si stima che solo nella nostra galassia ci siano decine di miliardi di pianeti simili alla Terra.
Esistono due metodologie, per l’esplorazione degli esopianeti:
– rilevamento diretto
– rilevamento indiretto
Nella classe del rilevamento diretto fanno parte tutte quelle tecniche di ricerca che permettono di osservare direttamente al telescopio questi pianeti.
Nella classe del rilevamento indiretto ricadono invece, quelle tecniche che permettono di individuare un pianeta a partire dagli effetti che esso induce (o vengono indotti) sulla (o dalla) stella ospite.
Adesso non sto qui ad illustrarvi le varie tecniche di rilevamento..per chi vuole approfondire queste tematiche il link esterno è questo: http://http(s://it.wikipedia.org/…/Metodi_di_individuazione_di_pian…
Fatta questa piccola introduzione e storia…cominciamo a porci alcune domande. Perché ci interessano tanto gli esopianeti? Per quale motivo ne siamo cosi affascinati? Cosa cambierà per l’umanità il loro studio?
Troveremo forme di vita diverse dalla nostra?
Gli esopianeti interessano per due motivi molto validi, lo spazio è un mistero e da sempre l’umanità ne è rimasta affascinata e ha sempre cercato in tutti i modi di sviluppare tecnologie per conquistarlo.
Lo sbarco sulla Luna, l’esplorazione del Sistema Solare con sonde automatiche, tutte queste tecnologie, pensate appunto per l’esplorazione spaziale, hanno avuto inevitabilmente delle ricadute sulla vita di tutti i giorni delle persone, migliorandola e rendendola più facile.
Quindi va da se se che lo studio degli esopianeti richiede lo sviluppo di nuove tecnologie adeguate. Il secondo motivo è la inevitabile curiosità di sapere se siamo gli unici, se esistono altri pianeti abitati oltre alla Terra.
E questa curiosità nasce spontanea e le persone vogliono sapere. Lo studio dei pianeti intorno ad altre stelle, i cosiddetti esopianeti, è un campo relativamente nuovo, la scoperta del primo esopianeta attorno a una stella simile al Sole risale solo a venti anni fa, come sopra ho già spiegato. Da allora, grazie soprattutto ad alcuni strumenti dedicati come il satellite Kepler della Nasa, ne sono stati scoperti quasi 6000, comprese le svariate migliaia di candidati in attesa di essere confermati. Tutte queste improvvise scoperte hanno affollato il palcoscenico scientifico dell’Astronomia, rendendolo veramente interessante e misterioso e ciò ha fatto crescere gli sforzi per stabilire se in qualcuno di questi esopianeti si potevano trovare indizi di attività biologica e industriale, come la presenza di ossigeno e di metano all’interno atmosfere. La scoperta dei pianeti extrasolari è stato un lavoro svolto sopratutto dagli astronomi, ma l’esperienza necessaria per studiare questi ambienti alieni è in possesso solo degli scienziati planetari e degli astrobiologi. Infatti chi meglio di loro può esaminare e capire questi ambienti planetari e può esaminarne la biologia? Quello di mettere assieme le competenze degli astronomi, che scoprono gli esopianeti, con quelle di planetologi ed esobiologi, che descrivono le loro caratteristiche, magari parlando insieme anche ai testimoni di incontri ravvicinati con alieni in carne e ossa sulla Terra, è la giusta strada. Unire quindi questi tre approcci scientifici, non solo per trovare pianeti extrasolari, ma per determinare se ospitano la vita, potrebbe anche portare a scoperte sorprendenti, risulta evidente il ruolo che gli astrobiologi del SETI, (acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence, un programma dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre, abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo), avranno in questo sforzo congiunto.
Ma come fare per stabilire l’età degli esopianeti?
Vi chiederete il perché questa domanda? Che cosa cambia saperne l’età ai fini della ricerca?
Questa domanda è molto interessante invece, sopratutto se posta nell’ottica di poter ricercare eventuali antiche civiltà galattiche.
Lo scienziato Tiago Campante della School of Physics and Astronomy dell’Università di Birmingham, ci spiega una particolare scoperta, che apre una finestra molto importante sulla teoria della formazione dei sistemi solari alieni.Sulle colonne di “The Astrophysical Journal” è stata pubblicata la notizia di una stella del tutto e in tutto simile al nostro Sole, Kepler-444.Attorno a questa stella potrebbero esserci e cinque pianeti di dimensioni comprese fra Venere e Mercurio. Kepler-444 è una stella formatasi 11,2 miliardi di anni fa, in quel tempo l’Universo aveva meno del 20 percento della sua età attuale.
Di fatto questo è il più antico sistema solare alieno conosciuto ad oggi che presenta caratteristiche tanto simili a quello che ben conosciamo: cinque pianeti di dimensioni paragonabili alla Terra.
Questo sistema solare alieno è estremamente peculiare anche dal punto di vista della compattezza i cinque pianeti si trovano tutti su orbite di piccole dimensioni, meno di un quinto dell’orbita di Mercurio. Indice di una forte evoluzione dinamica del sistema, successiva alla sua formazione. Solo l’1 percento dei sistemi extrasolari individuati da Kepler ha caratteristiche simili a quelle di Kepler-444”. Il team di ricercatori, durante lo studio, si è avvalso delle conoscenze astrosismologiche….. (la scienza che studia la struttura interna delle stelle pulsanti attraverso l’interpretazione delle loro pulsazioni e del loro spettro)….maturate negli ultimi decenni: cioè in parole povere le frequenze delle oscillazioni naturali di una stella, causate da onde sonore che sono intrappolate in una cavità risonante situata al suo interno, da la possibilità di calcolare raggio, massa ma, soprattutto, l’ETA’ dell’astro.
L’individuazione degli esopianeti, invece,avviene col metodo dei transiti che causano oscuramenti più o meno estesi del disco stellare. L’affievolimento nell’intensità della luce ricevuta dall’astro consente agli scienziati di calcolare o forse è più giusto dire desumere, la dimensione esatta degli esomondi, partendo dalle specifiche della stella ospite.
Tutto questo per dire che ad oggi abbiamo capito che i pianeti di dimensioni simili alla Terra si sono formati durante tutta l’intera storia dell’Universo (13,8 miliardi di anni) e, non sono pochi per escludere che la Galassia abbia già ospitato delle forme di vita nel suo passato, magari come la nostra qui sulla Terra o anche diverse. C’è da tener conto anche che al momento in cui la Terra si è formata, i pianeti di questo antico sistema solare erano già più vecchi di quanto non lo sia il nostro pianeta ad oggi.
Questa scoperta fatta dagli astro-sismologi contribuisce ad aggiunge elementi utili a fissare un inizio universale dei processi di formazione planetaria nella Galassia e altrove, quindi della probabile esistenza di antiche civiltà aliene.
Quindi l’uso dell’astrosismologia ci aiuta ad indagare qualcosa che le stelle ci vogliono nascondere, la loro vera età.
Lunatica, 24.04.2017
Un sentito ringraziamento per gli spunti presi dal sito: http://www.media.inaf.it/
SE VUOI SAPERNE DI PIU' SULLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE E IL PERCORSO CHE PROPONE, TI INVITIAMO A CONSULTARE LE SEGUENTI SEZIONI:
Se vuoi saperne di più sulla nostra organizzazione e il percorso che propone, ti invitiamo a consultare le seguenti sezioni:
Puoi anche contattarci al seguente indirizzo: info@centrokuun.it.SE TI E' PIACIUTO L'ARTICOLO CONDIVIDILO SUL TUO SOCIAL PREFERITO
QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA