“Il mistero dei colpevoli che si dichiarano innocenti”
Questa è la bufala numero uno in Italia: quando il colpevole si dichiara innocente, il mistero si infittisce.
Personalmente adoro questo tipo di bufala: il caso Franzoni, la piccola Yara Gambirasio e mille altri casi. No, davvero…
Questa è una bufala assolutamente splendida, perché non solo denota tutta l’idiozia del giornalismo nostrano, ma è anche assolutamente universale.
Sì perché noi italiani ci caschiamo sostanzialmente tutti quanti, di qualunque età, sesso e cultura, tanto che se non fossi diventato uno scrittore probabilmente ci sarei cascato anch’io.
Ma cominciamo dall’inizio… Dal leggendario caso Franzoni.
Nei primi anni del duemila – quando avevo ventidue anni – cominciai a scrivere gialli, thriller e noir.
Molti scrivono gialli pur non sapendo assolutamente nulla di procedure investigative (e il risultato sono dei gialli molto ‘fantasy’, un po’ come 007 è un personaggio ‘fantasy’ se paragonato alle spie reali). Io invece sono sempre stato un grande fan del metodo degli scrittori ‘ricercatori’, quelli che fanno numerose ricerche prima di scrivere, per dare un’impronta ultra-realistica alle loro trame.
Cominciai allora a leggere tutto il possibile sulle procedure investigative del mondo reale, e cominciai a farmi una certa cultura in merito.
In quegli anni però, in televisione, spopolava il caso Franzoni, la famosa madre di Cogne che uccise suo figlio durante un banalissimo caso di sindrome di Medea.
Ora, lasciate che vi confessi una terribile verità di cui pochi di voi sono a conoscenza: nessuno degli addetti ai lavori (poliziotti, magistrati, giornalisti) ha mai avuto alcun dubbio sulla reale colpevolezza della Franzoni: mai.
Già.
Ecco perché poi è stata condannata in tutti e tre i gradi di giudizio, e senza alcuna difficoltà da parte dell’accusa, che ha sempre avuto dalla sua parte delle prove pesantissime.
Un’eventuale innocenza della Franzoni non è mai stata oggetto di reale discussione nemmeno durante i numerosi ricorsi in appello, se non nelle fantasiose richieste dell’avvocato, assolutamente campate in aria e puntualmente rigettate dal giudice e dal pubblico ministero senza difficoltà alcuna, visto che tali richieste erano del tutto prive di fondamento e fatte dall’avvocato ad uso esclusivo di televisioni e giornali, per fini meramente pubblicitari..
Ma lei si dichiara innocente ancora oggi, dopo tanti anni – risponde la gente -.
Come diavolo fa?
E soprattutto, quando l’imputato non confessa mai, neanche a distanza di anni, non è forse lecito dire che il mistero resterà irrisolto per sempre?
La risposta è no.
Nessun esperto di criminalità ragiona in questo modo, mi spiace.
La Franzoni chiamò il pronto soccorso dicendo che suo figlio soffriva di qualche tipo di strano malessere che lo faceva vomitare sangue.
Arrivati sul posto, i soccorritori non solo hanno trovato un bambino palesemente colpito alla testa varie volte con un oggetto pesante, ma anche una madre che insisteva sul fatto che suo figlio fosse già morto benché respirasse ancora.
La Franzoni si rifiutò inoltre di salire in elicottero assieme al piccolo (ancora in vita) e chiedeva incessantemente di ‘fare un altro bambino’ a suo marito, davanti a tutti i presenti.
Oltre a questi gravissimi indizi di colpevolezza (e sintomi lampanti della sindrome di Medea), si aggiunsero poi le vere e proprie prove classiche, come esami degli schizzi di sangue, impronte digitali e di calzature varie dell’assassino… E che erano tutte della Franzoni.
Quindi no, mi spiace…
Investigare è una scienza, non una filosofia, e che l’imputato si dichiari innocente anche a distanza di anni non c’entra proprio un bel nulla.
Anche perché le statistiche parlano chiaro: se da un lato si dichiarano innocenti quasi tutti, dall’altro una confessione piena è una rarità quasi assoluta
Già.
Eppure non si direbbe proprio, quando guardiamo un telegiornale italiano, vero?
A guardare il telegiornale pare che alla fine confessino sempre tutti, come nei gialli della signora Fletcher, dove l’assassino spiega sempre tutto quanto per filo e per segno, mentre lo portano via in manette.
Bé, nel mondo reale questa scena non esiste proprio e meno che meno esiste in Italia, dove lo sconto di pena per chi confessa è inferiore a quello di molti altri paesi, come per esempio gli Stati Uniti.
I motivi per cui confessare è raro sono molteplici.
Vediamo i principali:
Il primo motivo, è che incastrare un colpevole è difficile, quindi nessuno parte in quarta con l’idea di confessare senza nemmeno provare a farla franca. E fin qui, nulla di nuovo…
Il secondo motivo per cui la gente non confessa praticamente mai, è non perdere la faccia.
Stiamo parlando in sostanza di una questione di pura immagine, specialmente per quanto riguarda i reati di sangue, che sono quelli socialmente più disdicevoli.
Già.
Non avete idea di quanta gente preferisca farsi anni di carcere in più piuttosto che perdere la faccia col resto del mondo, specialmente quando il processo finisce in televisione, e lo sputtanamento diventa globale: in quel caso, è meglio negare l’evidenza e farsi qualche anno di carcere in più. Questo perché mentre dal carcere un giorno uscirai i connotati no, quelli proprio non te li puoi cambiare.
Avete capito, adesso, cari lettori, il passaggio fondamentale che vi mancava?
Piuttosto che restare crocifissi a vita, tantissimi preferiscono dichiararsi innocenti anche di fronte a prove schiaccianti, tanto comunque lo sconto di pena non compensa mai la stigmatizzazione sociale che segue una confessione.
Non dimentichiamo inoltre il ruolo degli avvocati durante i processi televisivi, i quali sono spesso i primi a consigliare ai loro assistiti di non confessare per puri motivi d’immagine.
Sì perché quando il processo diventa ‘mediatico’ gli avvocati prendono la palla della pubblicità al balzo, e dunque premono perché il loro assistito convinca il mondo intero della sua innocenza.
In fondo, ne va anche della loro immagine, giusto?
Infine, il mistero più grande di tutti: perché alcuni colpevoli sembrano tanto sinceri?
La gente guarda la tivvù e dice “ma come fa a sembrare così sincero? Deve essere innocente per forza”.
Mi spiace… Ma anche in questo caso, le impressioni ingannano e nessun professionista degno di questo nome si lascia mai trarre in inganno da tono della voce, espressioni del volto, eccetera.
Il segreto per sembrare innocenti – e per riuscirci anche a distanza di anni – è presto detto: basta che la persona in questione non si senta in colpa per niente.
Queste persone sanno perfettamente di avere compiuto il fatto, ma pensano di non averne alcuna colpa.
Quando una persona di questo tipo grida la sua innocenza a pieni polmoni – anche a distanza di anni – gli sembra in cuor suo di stare dicendo la pura verità, e dunque appare perfettamente innocente agli occhi di tutti.
Ve lo dico non solo perché l’ho letto nelle mie ricerche, ma anche perché l’ho visto coi miei occhi.
Anni fa, un mio amico causò un gravissimo incidente guidando ubriaco.
Egli non ricordava assolutamente nulla di tale incidente, e dava la colpa in toto all’alcool benché guidasse lui.
In sostanza sosteneva che quella notte l’alcool doveva averlo fatto impazzire prima di mettersi al volante. Per qualche oscuro e imprevedibile motivo, l’alcool l’aveva fatto impazzire in maniera assolutamente istantanea e imprevedibile mentre era ancora all’interno nel locale, e doveva averlo fatto impazzire al punto da spingerlo poi a mettersi al volante nonostante fosse palesemente ubriaco, cosa che lui non avrebbe fatto mai e poi mai da sobrio, visto che si riteneva un ragazzo molto prudente e coscienzioso.
Trattandosi dunque di un evento puramente chimico e assolutamente imprevedibile, egli riteneva che sarebbe potuto succedere a chiunque, e di conseguenza si sentiva del tutto irresponsabile e innocente rispetto a ciò che era poi successo.
E credetemi…
Quando ripeteva (e ripete tuttora, a distanza di anni) di non avere alcuna responsabilità per quanto avvenuto quella notte, egli risulta assolutamente convincente agli occhi di tutti.
Il motivo per cui ho scritto quest’articolo è che questo tipo di atteggiamento, quando si parla di cronaca nera, è la norma, non l’eccezione.
La maggior parte dei reati di cronaca nera avvengono d’impulso, a sangue caldo, e chi li commette si sente assolutamente privo di ogni intenzione malvagia, e percepisce solo un insieme di fatti che, accumulandosi tutti assieme, l’hanno costretto a reagire a qualcos’altro (“E’ successo che…”, “Non volevo…”, “Mi ha costretto..”).
Okay… Adesso sappiamo che questa è la normalità.
Ma chi è che lo sa?
Purtroppo lo sanno solo gli addetti ai lavori o quelli come me, che si sono cimentati in un po’ di ricerche sull’argomento.
Quindi ricordatevelo bene, la prossima volta che un giornale sbandiera il fatto che un imputato si dichiara innocente, come se fosse una notizia… Gridare la propria innocenza a pieni polmoni è normalissimo, e non vuol dire nulla, sono solo parole.
E non dovrebbe essere nemmeno una notizia, visto che dichiararsi innocenti è la regola, non l’eccezione.
Wallace Lee è uno scrittore ed editorialista di cultura per vari siti e riviste. E’ noto principalmente come l’autore di RAMBO YEAR ONE, romanzo-prequel non ufficiale del primo film. Pur essendo solo un ebook gratuito per motivi di copyright, RAMBO YEAR ONE è arrivato in finale a due premi letterari ed è stato elogiato da personaggi del calibro di Lindsay Johns, noto giornalista inglese di cultura per la BBC.
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